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    È tempo di mocktail!

    venerdì, 11 aprile 2025 Francesca Negri, venerdì, 11 aprile 2025 (0 minuti di lettura)

    Agli appassionati di spirits e di vino non piacerà, ma un dato è certo: il mondo del senza alcol sta prendendo sempre più piede (è stato istituito persino il Dry January, il mese senza alcol), anche in Italia. Non tanto sul fronte vino, quanto su quello dei cocktail e quindi dei vari distillati che servono per comporli. Gin, bitter, vermouth, tequila, bourbon, rum, amari, tutti a gradazione zero, ma in grado di competere, in quanto a complessità e soddisfazione finale, con i cugini alcolici. Perfetti, quindi, per creare mocktail (da mock, finto), virgin drink che imitano quelli standard ma sono analcolici, come il Negroni, un Negroni senza alcol, lanciato da Seedlip, una delle prime aziende a investire e imporsi sul mercato dei distillati analcolici.

    Laddove una volta il cocktail analcolico era semplicemente del succo di frutta miscelato eventualmente a qualche sciroppo, come ad esempio la granatina, oggi le nuove bevande analcoliche si ispirano al gusto dei classici cocktail per accontentare la più amplia platea possibile, sfruttando innovative e sempre più precise tecniche di dealcolizzazione, che permettono di avvicinarsi davvero agli aromi e all’aspetto del prodotto originale.

    E i mocktail, grazie a questi nuovi distillati, non sfigurano affatto, ben lontani da qualsiasi cocktail analcolico (coloratissimo, dolcissimo e a base di frutta, possiamo scommetterci) che abbiate mai bevuto. I distillati analcolici hanno reso il mondo del cocktail ancora più democratico poiché oggi tutti possono avvicinarsi al mondo del bere miscelato senza assumere un grammo di alcol e soprattutto vedendosi proposti drink con una vera e propria dimensione parallela e di pari dignità. Con questa famiglia di prodotti si possono finalmente proporre i famigerati analcolici secchi, la cui radice etimologica ha da sempre suscitato parecchi dubbi perché fino a ieri, laddove non ci fosse stato alcol, le proposte analcoliche potevano al massimo essere non dolci.

     Ad aver aperto la strada verso una mixology zero alcol è stato circa 10 anni fa Simone Caporale che, con Alex Kratena a Londra, aveva attirato l’attenzione degli esperti del settore poiché aveva iniziato una ricerca per queste proposte che non si limitava solo alla scelta degli ingredienti più accurati o alla composizione, ma anche alla cura di dettagli importanti come il glassware.

    Negli ultimi anni la tendenza ha continuato a crescere, anche se i cocktail senza alcol hanno bisogno di bravi barman per farsi apprezzare. Il trend della riduzione dell’alcol è segnalato da tutti gli studi di settore e le aziende continuano a lavorarci a pieno regime (birra compresa). A dettare la tendenza non è solo chi non può o non vuole bere, per esempio perché deve lavorare o guidare: secondo studi recenti, il 59% delle persone inizia una serata ordinando qualcosa di analcolico. Tra i destinatari della rivoluzione alcol-free ci sono anche le future o le neo mamme, che possono avere così un’esperienza di pari livello rispetto a un cocktail tradizionale. Più in generale, gli esperti ritengono che il consumo delle bevande per chi vuole rimanere sobrio cresce attualmente da due a tre volte più velocemente di quello totale di alcol, e anche la prestigiosa società di indagine Nielsen segnala che nel 2021 le vendite di bevande analcoliche hanno visto una crescita del 33%, spinte dell’interesse delle nuove generazioni verso questo tipo di bevande anziché rispetto a quelle alcoliche.  Dati del dicembre 2022, rilevati da un nuovo rapporto di IWSR Drinks Market Analysis, raccontano che lo scorso anno le categorie no- e low-alcohol sono cresciute di oltre il 7% in volume in 10 mercati globali chiave, per superare un valore di mercato di 11 miliardi di dollari.

    Questi movimenti hanno portato all’azione anche un big player come Bacardi, che prevede una crescita del 400% per il segmento “low alcol” entro il 2024, che dovrebbe raggiungere un valore di 500 milioni dollari. Così Tanquerai, uno dei London Dry Gin più famosi al mondo, due anni fa ha lanciato il suo Tanqueray 0.0, prodotto con le stesse botaniche della versione tradizionale.

    Non mancano gli esempi nemmeno in Italia. Prodotti che possono essere usati sia per creare drink completamente analcolici, sia per abbassare il livello alcolico di ricette in cui sono previsti altri super alcolici. E anche i locali si adeguano, o addirittura ne fanno il proprio cavallo di battaglia. Se in Italia iniziano ora a farsi vedere in drink list pochi – ma ben fatti – cocktail analcolici, nel resto del mondo iniziano a spopolare i bar senza alcol, chiamati dry bar, temperance bar o sober bar, ovvero bar da cui uscire “sobri”, cioè dove non si servono alcolici (fino agli anni Ottanta questa tipologia di esercizio in Italia era chiamata “bar bianchi”): tra i più noti, lo 0% Non-Alcohol Experience di Tokyo, il Getaway di New York, il Redemption a Londra e il The Virgin Mary Bar di Dublino, dove è possibile ordinare cocktail a base di vino bianco analcolico, sake e mirtilli rossi (specialità del sober bar della capitale nipponica), oppure Mockaritas (succo d’anguria e tequila analcolica per imitare le argaritas) o il Virgin Mary, una speziatissima e analcolica alternativa del famoso Bloody Mary.

    Perchè creare una mocktail list per il proprio locale?

    Non avevate ancora preso in considerazione il fatto di creare una lista di cocktail alcol free, ma dopo questo articolo ci state pensando? Ci sono sicuramente molti buoni motivi per farla.

    Oltre a essere in linea con le tendenze più attuali, una mocktail list aumenta la proposta e, di consueguenza, aumenta anche la probabilità di soddisfare i propri clienti. Sempre più persone, per differenti ragioni, scelgono di non consumare alcolici: offrire loro la possibilità di gustare comunque un buon drink, senza dover ricorrere alla classica gazzosa, permette di vivere meglio una serata fuori (e si sa, si torna sempre dove si è stati bene). In altre parole, fidelizzazione.

    In secondo luogo, potete aumentare gli incassi: un mocktail costa solitamente come un cocktail alcolico, molto di più quindi di una comune bibita - che sia una cola, un succo o un tè – che chi non vuole assumere alcol sceglierebbe in assenza di alternative. Non solo. Immaginiamoci una situazione comune in un bar serale: in una tavolata è facile trovare almeno una persona che per varie ragioni non berrà alcolici, almeno non nella stessa quantità dei propri compagni, dovendoli probabilmente riaccompagnare a casa. Se il locale dispone di una mocktail list, incentiverete la persona a optare per un drink piuttosto che per una classica bibita e se la serata è lunga, e gli amici continueranno a bere, volete scommetterci che anche il nostro cliente alcol free deciderà di ordinare un secondo e magari un terzo giro?

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